In trincea tra la vita e la morte

Questo sguardo è di un testimone. Che cosa ha visto? Una guerra? Una strage? È sopravvissuto? È una vittima o un carnefice? Racconta…

Antonio Gatti, 32° fanteria, nato a Erba il 26 aprile 1899 e morto al fronte nella primavera 1917.

Mi sveglio di soprassalto, non ricordo nemmeno di essermi addormentato, è buio e piove.

Sento delle esplosioni, una dopo l’altra, sempre più forti, sempre più vicine, cerco di ripararmi, me lo sento, sono sicuro, oggi muoio.

Il sole mi costringe ad aprire gli occhi, ma ho troppa paura, chiamo il mio compagno, ma non risponde, mi decido e guardo: tutto è distrutto, le scorte esplose e a fianco a me c’è il corpo senza vita del mio amico zuppo di sangue.

Mi guardo attorno, siamo rimasti solo in due.

Non so se ringraziare Dio per avermi tenuto in vita o maledirlo per non essere morto con loro e farla finita con questa tortura.

Non so cosa fare, non riesco a muovermi, vedo l’altro uomo dirigersi verso di me, farsi strada fra i cadaveri disperato con un’espressione addolorata e spaventata contemporaneamente. Non mi rivolge la parola, ma con uno sguardo capisco tutto: si rannicchia vicino ad uno dei corpi e scoppia in lacrime; noto una certa somiglianza, probabilmente è il fratello.

Provo a sporgermi dal bordo per capire la situazione nella trincea nemica: nessun rumore, nessuna voce, di sicuro loro non sono circondati da cadaveri come noi due. Avvolto nella stanchezza mi rannicchio a terra e cerco di distrarmi.

Penso a dove sarei ora se tutto questo non fosse mai esistito, penso all’altro uomo, a come sarebbe felice di poter riabbracciare il fratello e poi la sento… una granata… l’uomo non c’è più.

Cerco di difendermi sparando, ma due colpi mi trafiggono il petto.

In un momento mi passa davanti tutta la vita: mia madre e mio padre addolorati, mia moglie in lacrime che stringe un fagottino che non potrò mai più vedere, poi una luce bianca quasi accecante, penso che il paradiso sia il mio premio perché nessuno dovrebbe provare l’esperienza di veder morire qualcuno e di veder morire se stessi.

[Silvia Castelletti IIIC]

Autore dell'articolo: Secondaria